domenica 24 giugno 2012

Cesare - De bello Gallico, VI, 19

Viri, quantas pecunias ab uxoribus dotis nomine acceperunt, tantas ex suis bonis aestimatione facta cum dotibus communicant. Huius omnis pecuniae coniunctim ratio habetur fructusque servantur; uter eorum vita superarit, ad eum pars utriusque cum fructibus superiorum temporum pervenit. Viri in uxores sicuti in liberos vitae necisque habent potestatem, et cum pater familiae inlustriore loco natus decessit, eius propinqui conveniunt et de morte, si res in suspicionem venit, de uxoribus in servilem modum quaestionem habent, et si compertum est, igni atque omnibus tormentis excruciatas interficiunt.

I mariti, quanti beni hanno ricevuto dalle mogli a titolo di dote, altrettanti dei loro, fatta la stima, li mettono in comune con le doti. L’amministrazione di tutto questo bene si tiene congiuntamente ed i frutti si conservano; chi di loro sia sopravvissuto, a lui va parte di entrambi con i frutti dei tempi precedenti. I mariti hanno sulle mogli potere di vita e di morte come sui figli e quando un capo famiglia di rango piuttosto elevato è morto, i suoi parenti si riuniscono e per la morte, se il fatto viene in sospetto, fanno una inchiesta sulle mogli al modo degli schiavi e, se si è avuta prova, le fanno fuori dopo averle seviziate col fuoco e con tutte le torture.

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